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Trento, 1 marzo 2012
Cambio della legge elettorale in Trentino.
Legge-truffa del Pd contro i piccoli

di Marco Boato
da l’Adige di giovedì 1 marzo 2012

Quasi 60 anni fa, quando il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi presentò il disegno di legge governativo che avrebbe attribuito un premio di maggioranza a chi avesse superato la soglia del 50% dei voti validi (cioè a chi avesse già comunque ottenuto con le proprie forze la maggioranza assoluta!), questa legge venne icasticamente definita dal deputato e dirigente del Pci Giancarlo Pajetta come «legge truffa», e tale epiteto è rimasto nella memoria storica (e anche popolare), benché, per circa 50.000 voti mancanti, quella legge non sia mai entrata in vigore. E l’esito delle elezioni politiche del 1953 segnò la fine politica di De Gasperi stesso, che morì amareggiato e isolato nell’agosto dell’anno successivo a Sella Valsugana.

Questa espressione - «legge truffa» - mi è tornata in modo più appropriato alla mente quando, qualche giorno fa, mi sono accorto che, il 21 febbraio scorso, sei consiglieri provinciali del Pd trentino (Zeni, Civico, Nardelli, Ferrari, Rudari e Cogo) hanno depositato un disegno di legge per modificare la legge elettorale per l’elezione del Consiglio provinciale, mentre né Dorigatti né Pacher, anch’essi membri del gruppo del Pd, hanno sottoscritto la proposta. E ciò è avvenuto senza alcuna preventiva discussione nell’ambito del centrosinistra autonomista, e men che meno con i gruppi e partiti di minoranza, pur trattandosi delle «regole del gioco» fondamentali del nostro sistema politico, che devono pur interessare tutte le forze politiche.

L’attuale legge elettorale - approvata nel 2002 dopo l’ultima riforma dello Statuto di autonomia del 2001, che avevamo approvato in Parlamento anche con la «norma transitoria» nella stessa materia elettorale - è stata «testata» in ben due tornate, 2003 e 2008, dimostrando di saper garantire sia il pluralismo, sia la governabilità e stabilità del sistema politico trentino. La soglia di ingresso in Consiglio è pari all’incirca al quoziente naturale (voti validi/numero dei seggi) e in entrambi i casi non è neppure «scattato» il premio di maggioranza, visto il risultato ottenuto comunque dalla coalizione vincente, con Lorenzo Dellai candidato presidente. L’unica questione di cui ancora si dibatte è il meccanismo della «porta girevole», che comunque ha garantito un maggior equilibrio tra potere legislativo e potere esecutivo (e che il ddl attuale del Pd si guarda bene dal riformare).

La proposta di modifica ora presentata dal Pd lascia a dir poco stupefatti. Si prefigge infatti, dichiaratamente, di rendere ancora più difficile l’accesso al Consiglio per le forze politiche minori, sia di centro-sinistra che di centro-destra. E ciò mediante l’introduzione di una soglia di accesso, definita in modo pressappochistico e contradditorio del 4% nel testo del ddl e del 5% nel testo della relazione. La proposta modifica inoltre il criterio di ripartizione dei seggi, in modo da favorire ulteriormente i partiti maggiori («Cicero pro domo sua», si direbbe, trattandosi del Pd…), naturalmente a danno dei partiti minori. Con la modifica del metodo D’Hondt, finora applicato alla suddivisione dei seggi, la soglia diventa di fatto superiore al 5%. Al di fuori dai «tecnicismi» - che comporterebbe troppo spazio spiegare dettagliatamente - con questo sistema Pd, Upt e Patt otterrebbero un seggio con una cifra di voti compresa tra i 6 e 7 mila, mentre le forze politiche minori dovrebbero ottenere tra i 10 e 11 mila voti per conquistare un seggio!

Una «legge truffa», appunto! Basti verificare che, se la nuova proposta del Pd fosse stata applicata ai risultati elettorali del 2008:
1) scomparirebbero del Consiglio i Verdi, l’IdV e la lista Giovanazzi;

2) i tre seggi così eliminati «manu militari» diventerebbero appannaggio di Pd e Upt, i quali passerebbero «gratuitamente» da 8 a 9 e da 6 a 8 seggi rispettivamente (mentre la Lega nord passerebbe da 6 a 7, a scapito di un seggio della lista Divina);

3) il Patt vedrebbe comunque ridimensionato il proprio ruolo, perché Pd e Upt (con l’alleato ladino, comunque garantito dalla legge) raggiungerebbero da soli 19 seggi (compreso il presidente), uno in più della maggioranza assoluta.

Com’è facilmente intuibile, il tentativo di escludere le forze politiche minori indigna tutti coloro che ritengono che il principio democratico «una testa un voto» debba sempre essere garantito il più possibile anche nella attribuzione dei seggi, avendo a cuore non solo (com’è giusto) la «governabilità», ma anche la «rappresentatività».

Ciò che sconcerta, inoltre, è la sottovalutazione dell’effetto devastante che questa «legge truffa» potrebbe avere sulla stessa coalizione del centro-sinistra autonomista, di cui il Pd stesso è la forza di maggioranza relativa.

Le forze politiche minori, che hanno rappresentato oltre 30.000 voti alle elezioni del 2008, e cioè più del 10% dei voti validi, non avrebbero più alcun interesse a coalizzarsi con Pd, Upt e Patt (perché non avrebbero alcuna possibilità di conquistare seggi) e sarebbero costrette a formare coalizioni alternative, puntando a raggiungere la soglia del 5%. Inoltre, la scomposizione di una coalizione fin qui vincente potrebbe alimentare ulteriormente la voglia mai sopita di un «terzo polo», col rischio di emarginare politicamente lo stesso Pd, ottenendo un clamoroso «effetto boomerang».

Siamo dunque in presenza di una irresponsabile proposta di modifica della legge elettorale - presentata al di fuori di qualunque accordo di coalizione - che, se dovesse essere approvata, potrebbe determinare la fine dei governi di centrosinistra in Trentino. Eppure dovrebbe pur aver insegnato qualcosa la spocchiosa presunzione di autosufficienza di Pd, Upt e Patt alle ultime elezioni politiche del 2008, che provocò la loro clamorosa sconfitta in tutti i collegi del Senato - eccetto Rovereto-Riva con Molinari - e persino la perdita del settimo seggio attribuito al «miglior perdente» (vinto da de Eccher), a differenza delle elezioni politiche del 2006, vinte da un centro-sinistra unito in tutte le sue componenti, maggiori e minori.

È davvero auspicabile che questa vergognosa proposta venga tempestivamente ritirata e venga invece aperto un confronto tra tutte le forze politiche del centro-sinistra, ad evitare che questi «sogni», o meglio deliri di onnipotenza, di qualche apprendista stregone non debbano provocare un risveglio amaro per tutti.

Marco Boato
Già deputato e senatore per più legislature

 

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